La Storia

Il Progetto Jonathan nasce alla fine degli anni '80 dalla solerzia dei religiosi della Pia Società San Gaetano di Vicenza che all'interno dell’Istituto San Gaetano gestiva un CFP per giovani da avviare al lavoro, lavoratori adulti e persone con particolari difficoltà. Una parte del grande edificio dell'istituto venne adibita a Casa di Accoglienza per svolgere l'attività volta all'assistenza e al sostegno di percorsi di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti ed ex detenuti. Nell'iniziale sintonia con lo spirito della Caritas Diocesana Vicentina, alcuni religiosi presenti nella Commissione Carcere e Comunità Cristiana di quegli anni e operanti in seguito anche nell'Associazione Nova Terra, sorta nell'anno 2000, hanno sviluppato una serie di iniziative sia all'interno della struttura detentiva della Casa Circondariale di Vicenza sia nel territorio cittadino a livello di eventi informativi e culturali di notevole importanza.

A partire dal 2005, anno di grandi cambiamenti nelle file della congregazione religiosa, la gestione del Progetto Jonathan è stata affidata ad operatori laici preparati e motivati che hanno portato all'interno dell'Istituto un nuovo modo di organizzare l'accoglienza. Con il graduale aumento dei corsi e dunque degli alunni del CFP si è notevolmente evidenziata l'incompatibilità tra le esigenze educative della scuola e quelle riabilitative della comunità per detenuti, giungendo a fine 2013 al trasloco della sede dell'Associazione e quindi del Progetto Jonathan in toto.

La nuova Casa si trova ora c/o la struttura delle Suore della Divina Volontà di Bassano sita in Vicenza in Strada della Paglia n.135, in una vecchia cascina di campagna, già sede di altre associazioni ed enti.

Il Contesto

Il Progetto Jonathan s'inserisce nel contesto generale dell'Associazione “Nova Terra” che sviluppa un’attività di laboratorio per stranieri, detenuti ed ex detenuti; svolge corsi di alfabetizzazione per stranieri ed opera per l'assistenza, il sostegno morale ed il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti. Il Progetto Jonathan si pone come ponte tra la difficile situazione carceraria e la complessa realtà sociale, nel tentativo di rendere presente e sensibilizzare nei riguardi di una delle dimensioni più tristi e contraddittorie della nostra società, ma anche meno considerate nel quotidiano vivere nonostante la sua importanza.

Origini e Motivazioni del progetto

 

II problema della detenzione carceraria in Italia è quanto mai sentito ed attuale e va oltre le disfunzioni e le storture dell'amministrazione della giustizia e del trattamento penale relativo soprattutto alla nuova criminalità, in quanto, a fronte della legislazione altamente civile contenuta nell'Ordinamento Penitenziario, questo non trova corrispondenza in metodiche e strutture adeguate per essere efficace riguardo al "reinserimento sociale dei detenuti".

 

Dopo gli anni di carcerazione che li hanno tenuti lontano dalla vita normale e poi ancora per la loro stessa personalità deviata, il reinserimento dovrebbe sostanziarsi nel progressivo e rieducativo contatto con la realtà esterna secondo un nuovo "progetto di vita", ma questo non trova quasi mai in loro stessi e soprattutto nella società gli strumenti atti a favorirlo e a realizzarlo.
 
Tale constatazione apre inevitabilmente al giudizio sul punto di partenza della questione, cioè sulla reale funzione del carcere che, per la sua inadeguatezza come deterrente della criminalità e non solo come contenitore di condannati, appare sempre più controversa. Le molteplici piaghe da cui è cronicamente affetto, ad esempio la promiscuità dei detenuti con tendenze criminologiche ed esperienze diverse e l'assurdo sovraffollamento, e, nell'orizzonte più generale, l'inefficacia di tutto il sistema quale istituzione per la rieducazione secondo il dettato costituzionale, smentita dall'altissima quota della recidiva, sono condanne senza appello che l'istituzione stessa si commina da sola.
 
Non servono citazioni autorevoli, infatti, per capire che il carcere, così com'è, non funziona ed è piuttosto una scuola di delinquenza e un'istituzione che crea ulteriore devianza poiché non è pensato anche in funzione del dopo-carcere. Nonostante questa complessità esistono comunque realtà carcerarie come, per citarne solo alcune, Padova e Milano in cui si cerca di sperimentare modalità nuove e più rispondenti alle possibilità di reinserimento.
 
Ma, senza entrare nel merito di questo arduo argomento che interessa studiosi di tutto il mondo, è il passaggio dalla detenzione alla vita normale che permette oggi la partecipazione concreta della società civile all'istituzione carceraria, in tutto il resto pressoché impenetrabile, ed è in questo momento delicatissimo per la maggioranza dei detenuti che essa può intervenite con una certa efficacia, ritenendolo il momento chiave dell'intera questione.
 
Il Progetto Jonathan vuole dare il proprio piccolo contributo, se non alla soluzione, almeno all'indicazione di percorsi possibili affinché chi ha sbagliato possa vedersi concretamente riconosciuto il diritto alla riabilitazione, sia nell'accoglienza della società, sia, più urgentemente, nelle iniziative efficaci di sostegno e accompagnamento verso un'esistenza positiva. Per questo motivo i nostri volontari accedono alle strutture carcerarie per avere colloqui individuali con i detenuti, e per mantenere contatti di collaborazione con le figure istituzionali operanti entro le mura e nell'organizzazione territoriale della Giustizia. Tali colloqui hanno lo scopo di sostenere la persona detenuta nella difficile esperienza del carcere e di supportarla nei rapporti con il legale, la famiglia e la società civile. Inoltre prevedono come orizzonte futuro l'ingresso nel percorso comunitario della nostra Casa di Accoglienza che tenta di offrire percorsi personalizzati di riabilitazione e/o recupero.

L'Obiettivo

Il Progetto Jonathan ha per obiettivo l'accoglienza residenziale e diurna, l'accompagnamento ed il reinserimento sociale dei detenuti con preferenza per i più giovani e poveri, specialmente attraverso la quotidianità dei rapporti, anche tramite l' ambiente lavorativo occupazionale del nostro Laboratorio. Ciò che si tenta di fare è dare alle persone recluse una possibilità di vita all’interno della legalità, permettere loro di lavorare e riallacciare relazioni significative, vedere modalità di vita possibili diverse da quelle criminali e devianti. In questo modo, una volta usciti dal carcere o finito il percorso di pena alternativa, sono in grado di scegliere tra una vita “sana” e il ritorno a delinquere.

La Casa

Con l’ascolto e l’accoglienza, tentiamo di “fare casa”: il senso di Casa è per noi molto importante. Per questo uno degli obiettivi principali è aiutare i detenuti a ricostruire rapporti familiari, affettivi e amicali, a partire anche dai legami di convivenza che si creano durante la permanenza. Sembra impossibile? Non lo è. Ogni persona che arriva da noi si porta dietro una storia e, spesso, a partire da quella storia e dalla consapevolezza dell’errore, rinascono vite meravigliose. La vita al Jonathan si svolge come quella di molte altre famiglie, anche se la nostra è un po’ “allargata” e particolare. Il fermento giornaliero è tanto: l’arrivo degli operatori, il lavoro in laboratorio a cui possono partecipare anche i volontari, il via vai dall’ufficio, i colloqui, gli incontri con amici e familiari, le cene e le riunioni per pianificare eventi e iniziative con tutto “lo staff” al completo e perché no, anche qualche risata, alcune lacrime, molti confronti e qualche normale litigata, tanti dialoghi e un po’ di tempo libero in cui ognuno si gode la Casa.

Il Laboratorio

E' una realtà lavorativa protetta, che offre esperienze formativo-lavorative alle persone accolte nel Progetto Jonathan, nonché ad alcune persone esterne che si trovano in situazioni di disagio sociale, con la possibilità, non ancora in modo continuativo e stabile, di borse lavoro.

Nel laboratorio gli operatori del Progetto Jonathan sono quotidianamente presenti per dare una mano nei lavori e per affiancare la presenza di alcuni volontari che con cadenza saltuaria portano un contributo. Il laboratorio è attivo quotidianamente (eccetto i giorni festivi e prefestivi) con orari dalle 9,00 alle 12,00 e dalle 15,00 alle 18,00, ma tali orari sono indicativi e non rigorosi per consentire alle persone accolte di portare a termine il lavoro necessario nonostante gli impegni extralavorativi dovuti alle incombenze proprie delle loro situazioni giudiziarie (colloqui con magistrati, avvocati, partecipazione ad udienze, ecc…) e/o sanitarie (visite mediche, esami, ecc…).

Come tipologia di lavoro svolto, si tratta di un lavoro conto terzi per aziende del nostro territorio o limitrofi che operano nel settore metalmeccanico e consiste in piccoli assemblaggi e/o imbustaggi per la preparazione di kit di materiali plastici. In prospettiva futura, il Laboratorio vorrebbe aumentare le possibilità di lavoro per gli ospiti sia a livello di incremento della mole di lavoro sia a livello di sviluppo diversificato delle attività svolte.

La convivenza

La convivenza tra gli ospiti è regolata da principi di mutuo aiuto e in qualche misura di autogestione. Le regole presenti sono poche e decisive, perché “…ognuno deve avere responsabilità rispetto al luogo in cui vive”. Esse sono:

nessun tipo di violenza, né fisica né verbale, in quanto la violenza restringe gli spazi; in questo modo si rendono possibili il rispetto reciproco e una convivenza pacifica

mangiare insieme, in quanto chi condivide la parola condivide anche il pane. Il momento del pranzo diventa un momento di costruzione e di dialogo, di sostegno e di aiuto. Durante il pranzo si creano delle relazioni e si impara a gestire la quotidianità: in questo modo la persona comincia a riprendere quella responsabilità che aveva perso durante la carcerazione

contribuire con la propria fantasia al buon andamento della casa mantenendo in ordine le proprie cose, e aiutando nelle pulizie e nella cucina, nel laboratorio e nel giardino

La scelta è stata fatta all’interno dell’idea di creare uno spazio in cui si responsabilizzano le persone senza farle “sottomettere” alle regole. Le problematiche e gli eventuali conflitti che nascono dal vivere quotidiano in un ambiente non segnato da regole imposte da una fonte autoritaria diventano la possibilità di affrontare i propri limiti e le proprie miserie relazionali, confrontandole con quelle degli altri; si crea così uno spazio di possibile riflessione e si offre così una opportunità di crescita personale e sociale, ovvero comunitaria. Gli operatori non sono allora coloro che fanno rispettare determinate regole imposte, bensì degli aiuti per analizzare le dinamiche relazionali e proporre soluzioni e vie normali (non normate) alle situazioni conflittuali.

I 4 punti del nostro programma

In generale il percorso all’interno della casa, profondamente personalizzato in base alla situazione individuale, si articola su quattro punti chiave:

DOCUMENTI 

Il documento che certifica l'identità di una persona ha un doppio significato: da una parte è la legalità che riconosce l'essere cittadino, una persona che finalmente esiste; dall'altra parte, se il nome racconta la storia di una persona, visto e considerato che nel mondo delinquenziale è d'obbligo vivere di nascosto, il documento chiama la persona a vivere fuori dall'ombra in un contesto relazionale di trasparenza per tentare di costruire futuri possibili. Purtroppo, non tutti possono avere un documento, e ciò non vale solo per gli stranieri: ottenere un documento pone grosse difficoltà burocratiche e amministrative, specialmente in chi ha avuto una lunga carcerazione, perché questa non solo fa perdere la residenza ma depersonalizza sotto ogni punto di vista. Non è sempre possibile sapere prima dell’uscita dal carcere se la persona è in possesso di documenti validi; nella maggior parte dei casi non si ha una carta d’identità e quindi neanche una tessera sanitaria e ciò pone grossi problemi nella vita quotidiana.

SALUTE

Il secondo punto è l’assistenza sanitaria, che riguarda non soltanto l'aspetto fisico ma forse anche di più quello mentale e interiore. Il carcere come esperienza di restrizione e chiusura in un ambiente strutturalmente malsano e disorganizzato, in cui per esempio per un mal di denti devi aspettare minimo un mese per una visita – non parliamo del resto – rappresenta ed è un luogo di tortura psicologica e fisica che induce nelle persone detenute patologie di vario genere: la promiscuità, la scarsa igiene dei locali, la precarietà delle condizioni socio sanitarie dell'ambito di provenienza, la scorretta alimentazione e la forzata sedentarietà sono alcune fra le cause della tendenza dei detenuti ad ammalarsi, sia nel corpo che nello spirito. E ciò viene da noi riscontrato nell'accoglienza in Casa: persone distrutte, in cui solo l'adrenalina sprigionata dalla tensione della vita ristretta anestetizza le sofferenze, che riemergono nel momento in cui il nuovo ambiente di vita torna ad assomigliare a quello normale. E' importante per noi favorire o innescare processi di riacquisizione della salute intesa come quadro di riordino degli equilibri tra interiorità e fisicità, consentendo un ambiente di vita il più possibile normale e quotidiano e offrendo una varietà di possibilità relazionali. Il detenuto accolto ha ora la possibilità di prendersi cura di sé, supportato dalla nostra organizzazione, scarsa di risorse economiche ma che crede nell'importanza di ogni persona. Abbiamo accompagnato molte volte gli ospiti a visite e/o esami, nonché nei casi di ricovero per operazioni od altro. Noi non riceviamo alcun tipo di dati sanitari dall’Istituzione Carceraria riguardanti le persone da noi accolte.

LAVORO

Il lavoro, ritenuto esperienza centrale della vita individuale e sociale, è fattore determinante anche nella riabilitazione del detenuto, in quanto comporta un valido contributo all’autostima e prepara al reinserimento. Abbiamo una serie di interlocutori per aiutare le persone a trovare lavoro esterno alla Casa: il Consorzio Prisma di cooperative sociali del territorio vicentino; agenzie interinali cittadine; alcune aziende conosciute dai soci e dai volontari.

AFFETTI

Il punto da una parte più delicato, dall’altra purtroppo molte volte inesistente. Tentiamo di “mappare” la situazione familiare o eventuali appoggi esterni (cugini, zii, amici,…) fin dai colloqui in carcere. Molti permessi premio sono finalizzati all’incontro con i propri familiari. Il tentativo di ristabilire i contatti coi famigliari rientra nelle motivazioni dei colloqui che vengono fatti in casa: stabilire un rapporto di fiducia con la persona accolta è fondamento di un percorso che tende a riavvicinare le due parti. Per qualcuno è argomento tabù, per cui non viene neanche preso in considerazione. Diverso è l’aspetto affettivo non familiare: cerchiamo di sostenere relazioni sane e soprattutto se la persona è in pena alternativa è un percorso condiviso con l’U.E.P.E.

Questi percorsi vengono valutati di volta in volta durante le riunioni di equipe o nei momenti di incontro. La difficoltà principale rispetto al percorso è l’aspetto relazionale: uomini feriti con carcerazioni a volte lunghe si portano dietro delle lacune interiori difficilmente colmabili.

Divulgazione e Testimonianza

Portare la testimonianza di un errore e il racconto di una vita che ha mancato un'occasione è doveroso e molto spesso utile soprattutto per i giovani. Temi come la Giustizia Riparativa e la Mediazione Penale (percorsi la cui meta è l'incontro tra il reo e la vittima in uno scambio non di odi ma di sofferenze) devono essere conosciuti e divulgati.

Il Progetto Jonathan si sente chiamato a ciò e lo fa attraverso eventi di varia natura: incontri nelle scuole e nelle parrocchie, accoglienza nella propria struttura di gruppi scout e parrocchiali, convegni, mostre, seminari, organizzazione di spettacoli teatrali e musicali, cineforum, pranzi con prodotti tipici, cene bibliche, buffet, eventi speciali come “Avanzi di Galera” o “S-Piazzati” in cui si sviluppano percorsi informativi e formativi sulle pene detentive e su quelle alternative alla detenzione.

Cella in piazza Duomo a Vicenza dicembre 2009

Festival Biblico di Vicenza dal 2009 al 2014 con varie iniziative

“Unione di Terre e Storie di Confine” cena multietnica con musica e racconti di Luca Bassanese 25 settembre 2011

Corso di saldo_carpenteria presso Istituto San Gaetano di Vicenza da aprile 2011 a marzo 2012

“Voci di silenzio sottile” con il Comune di Isola Vicentina nel progetto Educare alla Legalità Novembre 2012

Premio Club Service 2013 del Rotary Club

Festival del Volontariato a Lucca aprile 2013

Eticamente 2013 – Comune di Dueville

Festival della Carità a Livorno maggio 2013

Convegno “Voci di silenzio sottile” col Patrocinio del Comune di Vicenza presso l'Istituto Palazzolo settembre 2013

Mostra “Riscatti” presso Galleria Celeste a Vicenza maggio 2014

“A scuola di libertà” Giornata Nazionale di informazione e sensibilizzazione presso alcune scuole medie della Provincia di Vicenza